San Vito Chietino –Andrà in scena stasera, alle ore 21.00, presso il Teatro 2 Pini a San Vito Chietino, lo spettacolo teatrale: “Otto, ovvero per il diritto alla rabbia”, un’opera della giovane artista molisana Carla Vitantonio, che rivendica attraverso la drammaturgia il diritto a chiamare le cose con il loro nome, un duetto di voce e musica, con brevi inserti tratti da scritti di Pazienza e Lanzetta.
“...Nei passati otto anni ho fatto, in ordine sparso e ripetutamente, la cameriera al banco, la barista, la venditrice di multiproprietà, la valletta, la telefonista, la baby-sitter, l'insegnante privata, la segretaria, l'impiegata, la bibliotecaria, la commessa, la distributrice di giornali, la distributrice di volantini, la distributrice di gadgets, la cavia al dipartimento di psicologia, la redattrice, la promoter nei supermercati, il capro espiatorio in un ufficio particolarmente problematico, l'interprete, l'esperta (o quasi) di consumo sostenibile, la donna sandwich...”
Otto, che è stato partorito nel cuore del modello produttivo del nordest, è una riflessione su questo modello, questo modello che non funziona,
che a furia di imporci di essere “disponibili al cambiamento” ci fa dimenticare quale faccia avevamo prima di cominciare a trasformarci, questo modello che sforna termini nuovi, che trasforma la sintassi senza trasformarne il contenuto: la cultura, le culture, la differenza, le differenze, le diversità, l'integrazione, l'inclusione e poi?
Otto non usa la dicitura car@ per indicare entrambi i generi. Otto non crede alle pari opportunità, ma ci spera. Otto non parla di flessibilità ma di precarietà strutturale. Otto non è autobiografico, però nasce dall'osservazione del reale. Otto è in bilico. Che se un contratto regolare è un favore, se una casa (e non una stanza) in affitto è un privilegio, se una casa di proprietà è un lusso sfrenato, incazzarsi, almeno, sarà un diritto?
Si tratta di uno spettacolo sulla crescita, sul passaggio dall'adolescenza in cui tutto è possibile e perfettibile a un'età adulta in cui siamo quello che siamo, percepiamo la nostra incapacità di controllare e decidere tutto quello che accade e per questo spesso maturiamo un senso di rabbia e di impotenza che è poi il nodo dal quale si sviluppa Otto, questo sentimento di incomprensione, di impreparazione, di disappunto.
Tecnicamente lo spettacolo si sviluppa sulla falsariga di un modello molto semplice, quello del monologo. La musica, che inizialmente era pensata come un accessorio, quasi come un lusso, è diventata con il susseguirsi delle repliche una parte fondamentale dello spettacolo, e la figura del musicista ha preso una forma definita all'interno della drammaturgia. Le musiche sono originali.
“Insomma, tecnicamente non si tratta di uno spettacolo innovativo, perchè - dichiara l’artista Carla Vitantonio - io sono fermamente convinta che questo non sia il tempo delle innovazioni tecniche a teatro. Anzi, io temo che la troppa, elaborata, esasperata (e pure un po' snob) ricerca dell'innovazione tecnica possa farci perdere di vista il contenuto. Come in tutte le epoche di grande crisi economica e sociale bisogna forse ritornare all'essenziale, ecco, e io ci torno”.