Abbiamo avuto modo di incontrare il consigliere regionale Camillo D’Alessandro, del Partito Democratico, e di porgli alcune domande sulla situazione politica della nostra regione, con uno sguardo particolare alla città di Lanciano.
Quali sono i progetti della nuova amministrazione regionale per contrastare la disoccupazione e la precarietà, che sembrano diventate quasi una condizione esistenziale del nostro tempo?
«L’Abruzzo è stato abituato a un’economia, pensata negli anni ’70, andata avanti fino al ’92-’93, a cui è seguita una fase di leggera decrescita culminata nella crisi di questi ultimi anni. Purtroppo, dopo la fase di industrializzazione, degli insediamenti in Val di Sangro, non è accaduto nessun fatto nuovo. Devono accadere fatti nuovi per generare insediamenti economici. Una grande questione è come fare rimanere le imprese che ci sono e come farne arrivare delle nuove: a questo fine dobbiamo affrontare subito la grande partita della logistica.
Non a caso un primo impegno di D’Alfonso è stato di risolvere la questione della Fondo Valle Sangro, il completamento della Fondo Valle Sangro. Non solo, stiamo agendo anche sui porti, in particolare su quello di Ortona, per fare in modo che questa terra sia facilmente raggiungibile a attraversabile al fine di attivare movimentazioni e flussi attorno ai quali si creerà il secondo tempo dell’economia abruzzese, e quindi anche l’occupazione. In secondo luogo, noi avremo circa due miliardi di euro da spendere nei prossimi sei anni, e non ci dobbiamo trovare nelle condizioni in cui ci hanno lasciato, e cioè che una massa importante delle risorse comunitarie e nazionali non vengano spese. Con la vecchia programmazione, rischiamo di mandare indietro 50 milioni di euro stanziati nel 2014 per l’agricoltura, che non hanno fatto in tempo a spendere. Noi oggi, in sei mesi, dobbiamo spendere quei soldi. E spendere vuol dire fare arrivare le risorse dove necessario e rendicontarle.»
Secondo lei, qual è lo stato della sanità abruzzese?
«La condizione è data da due fattori che certificano lo stato di salute dell’organizzazione sanitaria in Abruzzo. Il primo sono le liste di attesa, definibili incivili. Il secondo dato è la mobilità passiva, cioè quanti cittadini – e quanto ci costa - vanno a curarsi altrove, fuori dalla regione, perché non hanno una risposta soddisfacente alla propria domanda di salute. La lettura di questi due dati ci dice che la sanità abruzzese, che ci è stata consegnata, è tutta da riformare, riorganizzare e ripensare.»
In che modo?
«Per quanto riguarda le liste di attesa, ho detto che sono incivili e arrivano a mesi se non anni di attesa anche per prestazioni considerabili ordinarie. È evidente che i cittadini non possono tollerare questa situazione e perciò noi dobbiamo liberare delle risorse per risolvere questo problema. Un’altra grande questione è l’assenza pressoché totale della medicina sul territorio, cioè tra il medico di base e l’ospedale c’è il vuoto, per cui diventa quasi un obbligo per il cittadino che ha bisogno di una prescrizione recarsi al pronto soccorso. Con la conseguenza dell’affollamento dei pronti soccorsi e delle ore di attesa dei cittadini, che a volte devono rimanere in una sala d’aspetto anche un’intera giornata.
Noi dobbiamo invece riportare la medicina sul territorio secondo questa impostazione: tutto ciò che è prima o dopo un intervento complesso, si deve fare sul territorio, cioè: prima di un intervento complesso che cosa c’è? La diagnostica. Bene, si deve fare sul territorio. Dopo un intervento complesso, che cosa c’è? La riabilitazione. Si deve fare sul territorio, liberando così gli ospedali da pressioni anomale che invece vanno garantite dalla sanità sul territorio.»
A Lanciano si parla molto di un possibile nuovo parco naturale, quello della Costa dei Trabocchi? Cosa ne pensa a riguardo?
«Questa è una realtà in itinere, sulla quale non si torna indietro e si lega anche alla certezza di un investimento, che si farà, riguardo la pista ciclabile lungo il tracciato del parco. Dopodiché noi ci dovremo fare carico dei collegamenti esterni, che permettano di raggiungere i vari punti del tracciato, ma ce ne stiamo già occupando. Nella mia idea di parco, vedo un parco che non sia visto e vissuto contro chi ci vive, ma che sia governato e vissuto dalle amministrazioni locali e dai territori, cioè deve diventare un’opportunità e non un inciampo.»
A Lanciano si è parlato di una mancata elezione di un candidato della città eletto in consiglio. Cosa si sente di dire a riguardo?
«La città di Lanciano ha tutte le potenzialità e i numeri per eleggere un consigliere regionale, come è accaduto in passato. Credo che per questa città venga prima la necessità di essere regia di un grande territorio, forse il territorio più importante del centro sud Italia dal punto di vista economico, che è la Val di Sangro. Noi aiuteremo questa città a diventare una città territorio, cioè il punto di riferimento che garantisce servizi e che quindi diventa la “capitale” di un territorio più ampio che, dal momento in cui riesce a ripartire, assume una rilevanza che va oltre il territorio regionale.
Poi posso dire che per essere eletti, in una dimensione provinciale – il collegio è provinciale – può non bastare il consenso che ti deriva dalla tua città, ma è necessario lavorare a tempo e per tempo su base provinciale. Non è assolutamente un dramma, perché non può esistere l’idea che siccome tu non hai il tuo eletto al consiglio non conti su base regionale. Questa è un’idea vecchia della politica fatta di cantoni. Noi agiremo a Lanciano con la collaborazione dell’amministrazione comunale e sapremo individuare tutto ciò di cui ha bisogno.»