FOSSACESIA. All’indomani della manifestazione contro il Parco nazionale della Costa teatina si accende la discussione tra favorevoli e contrari al progetto.
E’ del sindaco di Rocca San Giovanni, Gianni Di Rito (Udc), la proposta di un decreto abrogativo che cancelli la legge istitutiva del parco, la numero 93 del 2001. “Il nostro territorio – spiega – non è idoneo a diventare un parco nazionale e non è mai stato fatto uno studio serio sulle biodiversità della flora e della fauna da proteggere”.
Ma a preoccupare maggiormente i sindaci contrari al Parco sarebbe la costituzione non tanto di un’area protetta, quanto di un ente parco che, a loro giudizio, sovrasterebbe tutte le decisioni dei sindaci e di conseguenza dei cittadini. Di qui la proposta di cancellare la legge una volta per tutte, magari anche attraverso il ricorso alla consultazione popolare, una sorta di referendum per chiedere, una volta per tutte, cosa ne pensano i cittadini del Parco della costa teatina.
Intanto gli ambientalisti cercano di dare risposte ad alcune delle tante domande uscite dalla manifestazione di ieri contro il Parco. “E’ vero che in alcuni casi i parchi sono stati gestiti male – interviene Fabrizia Arduini, del WWF e della costituente del Parco della costa teatina – ma è vero anche che si può costruire insieme il futuro del territorio e fare in modo che l’ente sia un prodotto della scelta dei sindaci e dei cittadini”.
E riguardo ai parchi nazionali abruzzesi torna attuale uno studio recente del WWF e della Cgil. Tra i parchi nazionali, Parco Abruzzo, Lazio e Molise, Parco della Majella e Parco Gran Sasso Monti della Laga, solo il primo presenta una situazione positiva con un presidente, un consiglio direttivo e un direttore, anche se quest’ultimo ha recentemente presentato le dimissioni.
Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, come evidenzia il documento a cura di Dante Caserta, consigliere nazionale WWF Italia e di Mimì D’Aurora, responsabile ambiente Cgil Abruzzo, è stato commissariato dal 2006 fino al 2010. “In questo periodo si sono alternatiti ben 3 commissari. Il 7 luglio 2010 l’ultimo commissario, Arturo Diaconale, giornalista, non aveva alcuna competenza in materia di gestione di aree naturali protette. E’ stato nominato Presidente, ma da allora non è stato ancora nominato il Consiglio direttivo: permane quindi anche per questo Parco una forma gestionale anomala (volendo fare dei paragoni è come se un comune fosse gestito da un Sindaco senza Consiglio Comunale). Dal 2004 il Parco è privo di un direttore nominato secondo quanto prevede la legge: le funzioni di direttore vengono così svolte da un coordinatore tecnico-amministrativo con contratto a termine rinnovato annualmente non iscritto nell’albo nazionale dei direttori”.
“Il Parco Nazionale della Majella – continua lo studio - è privo del Consiglio direttivo dal 4 novembre 2007. Per quasi due anni è stato governato solo dal Presidente Giuliante il cui mandato è scaduto il 31 dicembre 2009. La norma non prevede che il Presidente assuma a sé anche le competenze proprie dei Consigli Direttivi. Giuliante è stato successivamente nominato Commissario, carica che ha conservato anche quando è stato eletto consigliere regionale. Oggi, dopo la sua nomina ad assessore regionale all’ambiente, è stato sostituito da un altro commissario, Franco Iezzi, direttore del Consorzio Industriale di Sulmona, che non risulta abbia mai avuto competenze su questioni ambientali e men che meno su conservazione della natura. Il direttore, nominato dal 1997, senza l’individuazione di una terna di nomi, è stato riconfermato con successive proroghe”.
“Il Parco Regionale del Sirente-Velino, privo di Presidente e di Consiglio direttivo, è commissariato dal febbraio del 2010 senza alcuna motivazione. L’attuale direttore non è iscritto all’Albo nazionale dei direttori degli Enti Parchi”.
Quello che il documento di WWF e Cgil vuole evidenziare è che “è la politica ad impadronirsi degli enti parco, senza neppure riuscire a nominare gli organi di gestione. Si preferisce affidarli a singoli uomini, spesso senza alcun legame con il territorio e con le attività più caratteristiche delle aree protette, lasciandoli al comando di enti che richiederebbero invece gestioni democratiche e partecipate come prevede la legge”.