Notizie rimbalzate sui social e che hanno riempito il web, ma è bastato poco tempo per capire come quei commenti fossero pesanti.
Prima a Roseto, un papà in collera con il villaggio turistico tanto da voler chiedere un risarcimento, perché non era stato avvisato che durante la sua settimana di permanenza, c’erano anche i ragazzi diversamente abili del Rotary Campus che hanno turbato la vista e la vacanza dei suoi figli: “Per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina”; poi il commento di un uomo che in un ristorante a Tirrenia ha trovato una tavolata felice con 25 disabili, ma che preferiva essere avvisato per poter cambiare in tempo la prenotazione o addirittura il luogo.
Storie che lasciano parecchio amaro in bocca e anche un po’ di rabbia perché, mentre ci si domanda cosa si possa fare per rendere più vivibile una società o si pensa ad eliminare qualsiasi barriera, dall’altra parte si fanno i conti con questi episodi, che hanno poco a che fare con quel mondo fatto di solidarietà e di mani che si incrociano. E i ragazzi disabili, cosa c’è di sbagliato in quei gesti se non la capacità di raccontare il proprio vissuto, tutto fa parte di una storia più grande che è la vita.
Capita spesso di incontrare chi è dentro la disabilità, chi lo fa per mestiere ma che ormai è anche una ragione di vita, e chi invece ogni giorno lo vive, nei propri occhi o negli occhi di una figlia.
Marco Cicchitti, presidente dell’associazione Anffas di Atessa è un altro papà, sua figlia è Ilenia una ragazza speciale, e lui stesso conosce quel mondo del Rotary Campus dove spesso sono stati e dove spesso sua figlia Ilenia ha sorriso e gioito.
“Quel genitore non sa cosa vuol dire la diversità, l’unico diverso in quel villaggio turistico era lui. Ma c’è una cosa che mi preoccupa ancora di più, che ragazzi avremo nel futuro se un genitore trasmette questo messaggio ai suoi figli, proprio ora che si parla tanto di bullismo?”
Un messaggio culturale che preoccupa, in una società come questa dove si alimenta la differenza, e non come ricchezza, e con cui fanno i conti i ragazzi ma soprattutto i genitori che difendono con cura il mondo dei propri figli, fatto di gioie semplici e autentiche.
“I genitori li proteggono tanto da togliersi quasi il respiro, entrando nel loro mondo puoi capire se davvero sono felici. In una famiglia dove si trasmettono altri valori non capisco come nella mente dei figli si possa inculcare un tale messaggio, come possiamo affrontare un futuro di inclusione totale anche all’interno della società?”.
“Il papà ha parlato dei suoi figli turbati alla vista dei tanti disabili, ma lui come fa a capire la felicità o l’infelicità di quei ragazzi? Non sono infelici, sono felici nel loro mondo e sanno esprimere la felicità in maniera libera senza condizionamenti. In loro non esiste la menzogna, quel sorriso è vero, è reale, sincero e di cuore. Solo loro sanno dare certi valori, ma lui non ha saputo dare lo stesso ai suoi figli. I ragazzi diversamente abili sono capaci di una felicità bellissima, che non si riesce a camuffare, non sono capaci di mentire, non esiste persona più vera, più sincera e più di cuore di loro. E come si può fare finta di niente di fronte a tutto questo?”
Quel papà, come anche quell’uomo nel ristorante, hanno perso una grande occasione, quella di capire la straordinaria felicità che ha travolto come una grande onda anche i tanti che in quei giorni hanno fatto da accompagnatori a Roseto. Negli occhi dei ragazzi solo una immensa ricchezza, fatta di gesti e parole che difficilmente possono fare male, un mondo capace di parlare solo di bene.