A 17 anni è regista, attore e sceneggiatore di un film tutto lancianese: intervista a Paolo Sideri

La prima di "Che fine hanno fatto gli angeli?" venerdì 6 marzo al Fenaroli

Claudia Allegrino
05/03/2015
Curiosità e varie
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Venerdì 6 marzo, alle ore 21.30, presso il Teatro Comunale Fenaroli di Lanciano, si terrà la prima nazionale di "Che fine hanno fatto gli angeli?", che vedrà l’esordio alla regia del 17enne lancianese Paolo Sideri

Il progetto nasce da un’idea di Roberto Perruccio e dallo stesso Sideri, autori della sceneggiatura ed è prodotto dalla Compagnia Teatrale lancianese Il Monello di Maurizio Di Marco. Il film girato interamente a Lanciano racconta la storia di tre ragazzi adolescenti, ognuno con una propria personalità, una propria realtà e un diverso modo di affrontare e concepire la vita, il tutto sullo sfondo di tematiche sociali attuali quali la droga, l’alcool, la violenza sulle donne e l’omosessualità.

Abbiamo incontrato Paolo Sideri per conoscere meglio questo giovane e talentuoso regista e avere qualche anteprima sul film.

Da cosa nasce la tua passione per il cinema?

Non considero il cinema una passione ma uno “sfogo”, un mezzo per comunicare e trasmettere un messaggio su tematiche a me importanti e non essendo molto bravo a comunicare con le parole uso le immagini. Al di là di tutto il cinema mi ha sempre affascinato, sin da piccolo, perché è un mondo misterioso ed è sempre un piacere scoprirlo fino in fondo.

C’è un regista a cui ti ispiri?

Sono diversi i registi a cui mi ispiro. In primis sicuramente Claudio Fragasso che per me rappresenta una sorta di maestro e con il quale ho avuto la possibilità di fare esperienza direttamente sul set. Ciò che ammiro di lui è il suo essere visionario, il non seguire la corrente e nonostante molti suoi film siano considerati “trash” o di serie B per me sono capolavori. Oltre a Fragasso apprezzo molto registi come James Cameron, Kubrick, Fellini e Rossellini, tutti artisti del cinema visionario.

Che iter hai fatto per arrivare a 17 anni a realizzare un film?

Mi sono diplomato al Giffoni Film Festival grazie al quale, nel 2011, all’età di 14 anni, ho avuto l’opportunità di collaborare con il regista Claudio Fragasso. Successivamente ho realizzato alcuni cortometraggi, tra cui “Lo squalo 5“ e “Solitudine”, anche se in realtà il mio primo cortometraggio risale all’età di 7 anni.

Quali sono le tematiche che prediligi rappresentare nei tuoi film?

Seguo la corrente del neorealismo che mi dà la possibilità di affrontare diverse tematiche, dal degrado sociale alla crisi economica. Temi attuali e di denuncia su tutto ciò che non va nel nostro paese ma non solo, infatti tratto spesso la sfera dei sentimenti, quelli più intimi e personali, come la solitudine, l'amore per il proprio paese o l’aiuto verso il prossimo.

In questo film ricopri il ruolo sia di regista che sceneggiatore e attore, sei una sorta di Woody Allen del cinema o hai una predisposizione maggiore per uno di questi ruoli?

Sicuramente mi sento più regista, anche perché in realtà odio recitare in quanto sono molto autocritico nei miei confronti. Al tempo stesso però ritengo che un bravo regista deve essere anche un po’ attore perché se non sai recitare non puoi dirigere. Quando dirigo un film studio ogni parte e mi immedesimo in ognuno dei personaggi. In questo film, per calarmi a pieno nel ruolo mi sono isolato completamente e ho vissuto per tre mesi come avrebbe vissuto il personaggio che interpretavo.

Veniamo al film, "Che fine hanno fatto gli angeli?". Perché questo titolo?

Secondo la religione gli angeli sono delle guide e ci proteggono. Nel mio film gli angeli rappresentano i politici e le istituzioni che dall’alto ci guardano ma invece di aiutarci non fanno nulla.

L’opera tratta di problematiche sociali, molto attuali soprattutto tra i giovani. Come riesci a trattare questi temi data la tua giovane età?

Principalmente leggo molto, vedo molti documentari e attingo dalle esperienze dei miei amici. Ad ogni modo la mia non è una critica nei loro confronti, ma un modo per far capire loro a cosa vanno in contro ad esempio facendo uso di alcool e droghe. Vorrei che almeno fossero consapevoli delle conseguenze, poi ognuno è libero di agire come vuole.

Quanto c’è di personale in questo film?

Molto. Buona parte dei personaggi ha una parte di me, così come le situazioni che vivono sono spesso eventi che ho vissuto in prima persona. Per questo ogni volta che rivedo un mio film mi commuovo perché mi toccano nel profondo. Al tempo stesso ognuno può immedesimarsi nei personaggi perché rappresentano lo specchio della società.

Hai definito il film “un insegnamento su come combattere contro la crudele vita che ci circonda”. Come mai a 17 anni hai una visione così forte e un po’ pessimistica della vita?

È una visione che deriva dalla situazione che stiamo vivendo in questo periodo. In Italia ci sono troppo tasse e stato e istituzioni non ti aiutano. Se hai un sogno da realizzare non puoi perché c’è bisogno di soldi per far qualsiasi cosa.

Che progetti hai per il futuro?

Roberto Perruccio e gli attori protagonisti del film mi hanno proposto di fare un sequel della pellicola ma non ho ancora preso una decisione a riguardo. Pensavo anche di fare un film sulla SLA, una malattia che in pochi conoscono. Realizzare un film su questo tema sarebbe anche un modo per raccogliere fondi per la ricerca. Inoltre tra un anno, finito il liceo, se dovessi intraprendere il percorso universitario mi iscrivere a psicologia perché per essere un buon attore e regista è necessario capire l’animo e la psiche umana. Ad ogni modo per il momento penso a promuovere il mio film. 

Un consiglio per i ragazzi della tua generazione?

Fate ciò che vi dice il vostro cuore, anche andando contro tutto e tutti per creare qualcosa per voi stessi e per gli altri. Che poi è ciò che ho fatto io.

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